Lo Chopin più impegnato sotto il profilo costruttivo e meno legato alle regole della forma classica si ritrova nelle tre Sonate per pianoforte: l’ultima, l’op. 58, ha uno spiccato carattere lirico, anche se non mancano toni drammatici che imprimono slancio e vitalità alla composizione, secondo il gusto e le scelte estetiche di Chopin. Si ritrova utilizzato e applicato ampiamente il cosiddetto "tempo rubato", che fu analizzato acutamente da Liszt. «Tutte le composizioni chopiniane - dice Liszt - devono essere eseguite con quel tentennamento accentuato e prosodico e con quella morbidezza, la cui ragione difficilmente si svela quando non si abbia avuto l'occasione di udirle sovente. Chopin sembrava preoccupato di rendere evidente questa sua materia di esecuzione, specialmente di comunicarla ai suoi connazionali ai quali egli, più che ad altri, desiderava trasmettere il calore interno della sua commozione».
Creatore del poema sinfonico, cioè di qualcosa che si pone decisamente contro la costruzione "illuministica" della forma sonata (e contro la stessa sinfonia, che della forma sonata è talvolta dilatazione), Liszt si cimenta con la composizione di una sonata tenendo conto solo in minima parte dei presupposti formali che questo tipo di creazione artistica comporta. Egli infatti affronta la composizione pianistica seguendo del tutto modalità timbriche peculiari della scrittura sinfonica: il pianoforte non è più semplicemente uno strumento, ma in mano al virtuoso diviene la condensazione di un'orchestra.
Nelle prime diciassette battute della Sonata di Liszt è già esposto il materiale melodico su cui si fonda l’intera composizione. Questa creazione risulta innovativa anche per l'intelaiatura dei quattro temi principali, che si frantumano in una successione agogica che annovera quattordici stacchi di tempo diversi. Le innumerevoli indicazioni dinamiche indugiano sui cromatismi ed evitano le cadenze.
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